Non è un caso isolato di talento e fantasia, trasfigurare in un caleidoscopio cromatico la linearità geometrica di un arredo razionalista – suddiviso in quattro supporti per la seduta e due per lo schienale – per rendere ciò che l’artista prova e immagina e che sconfina in una visione fantastica della realtà. Le sedie dipinte da Grazia Fanfani sono una delle sue tante invenzioni che, come gli effetti di una lanterna magica, svelano il mistero del colore e le
sue infinite sorprese. Un binomio fra il design del prototipo progettato negli anni Cinquanta dall’architetto Francesco d’Ayala Valva, intrinseco di Frank Lloyd Wright nella scuola da lui fondata a Taliesin in Arizona, e il gioco di trovare sempre nuove combinazioni con colori che mutano nella loro intensità e trasparenza come le nuvole su un orizzonte lontano. Metafora di uno sguardo curioso, appassionato e scrutatore sul mondo circostante, consapevole che sotto il cielo tutto ciò che vive è colorato. Peculiarità queste che svelano l’estro e la personalità di Grazia Fanfani la quale non ha mai disatteso le sue passioni artistiche, dalla pittura alla scenografia al design d’interni, che si riverberano nelle sue collezioni d’arte, custodi del canto segreto della sua vena poetica che il calore dei pastelli di cui si serve esprime e la veduta di Roma a volo d’uccello dal suo studio esalta. Un dialogo senza
tempo fra antico e moderno costantemente perseguito e sospinto da quello stesso ineffabile soffio che connota la sua arte con un senso profondo della vita e del creato. La forza luminosa e la potenza lirica del suo tratto pittorico, nel conferire un’inedita connotazione a un completamento d’arredo, sono specchio di quello stupore e “meraviglia” che ha sempre contraddistinto Grazia Fanfani: sublimare la sospensione del ricordo per cogliere l’apparizione di un’emozione e restituire con la magia del colore un gioioso
spettacolo dell’anima.
Caterina Napoleone